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Le migliori scoperte del 2018 in biologia

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Le migliori scoperte del 2018 in biologia

C’è tanta, tantissima biologia nell’anno che sta per chiudersi. Ce ne è almeno per la rivista Science che nell’ormai super-consolidata tradizione di fare un bilancio dell’anno che finisce, ricordando quali sono stati i traguardi scientifici più importanti, dà ampio spazio alla biologia. Specialmente alla dimensione più molecolare della disciplina. Ma c’è anche modo per raccontare le scoperte che hanno segnato il campo nell’antropologia, anche qui come da consuetudine, nell’ambiente e nella fisica, senza dimenticare l’altra faccia della medaglia, ovvero il racconto di quanto non è andato nel mondo della scienza o è andato per un verso che non ci saremmo augurati. Ma chi l’ha spuntata su tutti, quale è stata la scoperta dell’anno secondo Science? Scopriamolo insieme, anche se qualche indizio potreste averlo avuto già dalla lista delle personalità più influenti nel mondo scientifico diffusa dalla rivista Nature, come in parte è logico attendersi.

Breakthrough of the year allo sviluppo cellulare

Per la rivista – ma anche per il pubblico chiamato a dire la propria – non c’è dubbio: il traguardo dell’anno è stato capire come studiare la biologia dello sviluppo a livello cellulare. Ovvero: capire cosa succede all’interno delle singole cellule mentre un organismo nasce e si sviluppa, come si relazionano con le proprie vicine e come tutto questo insieme dipinga il quadro complessivo dello sviluppo. Non si parla di un singolo studio, né del traguardo di un solo gruppo di ricerca, ma come avviene nella migliore scienza, di un movimento che ha tanti attori diversi.

Principalmente, scrive Elisabeth Pennisi parlando di rivoluzione della singola cellula, sono tecniche che hanno permesso di isolare cellule, studiare l’espressione del materiale genetico in ciascuna e marcarle così da seguire il loro comportamento e viaggio nel tempo. Di cosa stiamo parlando? Beh, per esempio della possibilità di analizzare quali sono gli RNA prodotti da una cellula in un determinato momento, un’informazione questa che può essere utilizzata per capire quali sono i geni attivi e in sostanza che cosa sta facendo quella cellula. Ripetendo l’azione a distanza di tempo è possibile capire come si evolvono le cellule, gli organi e gli organismi di cui fanno parte, facendo luce sull’attività dei geni in diverse condizioni, che siano quelle fisiologiche dello sviluppo di un arto o quelle patologiche innescate durante una malattia. Questo anche grazie a tecniche che permettono di marcare le cellule, a livello genetico, così da capire che fine fa la sua progenie. Parliamo di tecniche messe in campo soprattutto sui modelli animali, trasferite su tessuti o organoidi]umani.

Nuovi farmaci, biologia liquida e primordiale e cold case

Nei traguardi da ricordare per l’anno che si appresta a finire, dicevamo, c’è anche tanta altra biologia, da quella evolutiva a quella medica. In ordine sparso, senza posti in classifica definiti, Science cita il caso del primo farmaco approvato dall’FDA (l’ente che regolamenta in farmaci negli Usa), e autorizzato anche in Europa, che si basa sul meccanismo dell’RNA interference RNAi). Si tratta di un processo per cui piccole molecole di RNA vengono usate per bloccare la produzione di alcune proteine (tramite la capacità di questi di interferire con altre molecole di RNA, gli mRNA, i custodi delle informazioni per la produzione appunto delle proteine).

Se le proteine di cui si blocca la sintesi sono quelle alla base di una malattia allora il processo dell’RNAi funziona di fatto contenendo il processo patologico e migliorando i sintomi. Il farmaco in questione blocca la produzione di una proteina anomala che porta all’accumulo di fibre amiloidi nei nervi periferici, nel cuore e in altri organi in chi soffre di una rara polineuropatia genetica. Al momento alcuni ricercatori sono al lavoro per ottimizzare i sistemi di rilascio degli RNAi e per trasportarli negli organi di interesse.

Insieme all’RNA, nello speciale di Science si parla anche del DNA, in relazione alle potenzialità della genealogia forense. Grazie all’analisi del DNA rinvenuto su una scena del crimine decenni prima, caricato su un database contenenti diversi DNA, alcuni investigatori sono riusciti a risalire al presunto colpevole, passato alla storia come il Golden State Killer. Tutto grazie all’analisi del DNA e al contributo di un esperto di genealogia, che ha ricostruito, a partire dalla somiglianza dei campioni genetici, l’albero genealogico del sospettato, fino a trovarlo e identificarlo.

Non uscendo dalle cellule, la rivista ricorda anche come il 2018 sia stato l’anno in cui diversi gruppi di ricerca si sono dedicati allo studio e alla comprensione dei meccanismi di formazione delle gocce liquide come un misterioso sistema di organizzazione cellulare. In sostanza proteine e altre molecole come gli RNA all’interno della cellula, e nei suoi compartimenti, si possono radunare sotto forma di goccioline, che si crede agiscano come delle unità funzionali, per esempio partecipando all’espressione genica. Un processo che se alterato potrebbe scatenare processi patologici.

Il 2018 poi è stato l’anno in cui abbiamo alzato almeno un po’ il velo sulla fauna di Ediacara, enigmatiche forme di vita primordiale, con alcuni caratteristici fossili simili a foglie, risalenti a più di 500 milioni di anni fa. Le analisi molecolari condotte su alcuni di questi fossili hanno permesso di capire che alcuni avrebbero potuto essere colonie di cianobatteri, altri non meglio identificate primordiali forme di vita animale, vista la presenza di molecole simili al colesterolo. Giusto un paio di mesi fa è poi arrivata la notizia della scoperta di tracce animali appartenenti alle spugne  risalenti a più di 600 milioni di anni fa, tra quelli più antichi di cui si abbia notizia.

L’anno di Denny: figlia di una Neanderthal e di un Denisoviano

Ogni anno riusciamo a scoprire anche qualcosa in più sulla nostra grande famiglia, quella degli ominidi. Nel campo dell’antropologia il 2018 verrà ricordato come quello in cui abbiamo conosciuto Denny, una giovane ragazza vissuta più di 50mila anni fa, figlia di due ominidi diversi: mamma Neanderthal e papà Denisova. La scoperta suggerisce che i movimenti dei cugini Neanderthal attraverso l’Eurasia avvennero ben prima della loro scomparsa, a partire da 120 mila anni fa e che con i Denisoviani si incontrarono e accoppiarono frequentemente, pur rimanendo popolazioni distinte.

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